Global Warning, Turmion Katilot: recensione

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Photo credit: Susanna Raitamaa

Global Warning è il nono(!) album in studio dei paladini dell’industrial metal finnico, i Turmion Katilot, questa volta giunti al grande passo con la Nuclear Blast. Global Warning è disponibile dal 17 aprile.

Approcciare ad un nuovo album dei Turmion Katilot è come tornare ad un’epoca piuttosto infelice della mia vita, quando avevo circa diciassette anni, e loro, i Blutengel, gli italiani T3chn0ph0b1a, gli Psychlon Nine, e, fiore all’occhiello, i Rammstein, erano parte della mia vita quotidiana. Di tutti costoro, effettivamente, gli unici che avessero qualcosa da dire sono i Rammstein. Perché, se si eccettua una certa cotta per Chris Pohl, anche i Blutengel sono un po’ gli Edward Cullen del metal.

Levatrici della Rovina, i Turmion Katilot. Gran casino, l’idea che ci fosse di nuovo, nella loro musica, diciamo “industrial metal”, a distanza di tanti anni, mi ha lasciato piuttosto esterrefatta. Prima di tutto, ho fatto una ricerchina web per vedere se, oltre alla me diciassettenne che non si interessava di leggere le opinioni dei critici riguardo all’immondizia che si sparava nelle orecchie, qualche italiano avesse mai avuto idea della band finlandese di Kuopio.

Nessuno.

Un po’ avvilita, con poche speranze, mi accingo all’ascolto di questo nuovo lavoro dei Turmion Katilot, Global Warning. Sulla copertina campeggiano due allegre donnine nude mascherate, vestigia del cyber goth di inizio anni ’10. Un altare nero, fil di ferro, una strobosfera. Perdute, oramai, tutte le speranze, inforco le cuffie e parte la riproduzione dell’album.

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Ed è subito folgorazione. Perché, in questo mesto sabato sera di mezza quarantena, mi rendo conto che la Nuclear Blast ha tirato fuori qualcosa che non pensavo potesse essere possibile – il buon vecchio sangue dalle rape, incacciabile per definizione.

Perché Global Warning, di cui non ho idea cosa significhino i testi perché non inclusi nel presskit e avendo purtroppo il gran difetto di non conoscere il finlandese, racchiude alcune delle tracce più catchy che potrete mai immaginare.

Più di Lady Gaga, più di Taylor Swift, più di Katy Perry, i synth aggressivi e lo scream dell’opening Naitu vi rimarranno piantati in testa – molto più di una playlist per andare a correre (polizia di stato permettendo, in questo periodo).

Ecco, fondere l’EDM fatta bene con la struttura – un po’ tradizionale, un po’ retro, un po’ rimasta ai tardi anni ’80 della scena glam – di un brano hard ‘n heavy con le sonorità sperimentate da musicisti sicuramente più talentuosi dei Nostri – il compianto Avicii, Armin van Buuren, l’intera scena elettronica francese, i tanti studiosi del Tomorrowland – non credevo più, a distanza di undici anni, potesse essere possibile. Industrial metal. Una dizione che risulta difficile anche da masticare, perché ti si spappola in roba verde fluo in bocca.

Insomma, bando alle ciance, Naitu da parte dei Turmion Katilot è un’opening geniale, da parte di Mc Raake Pee e dei suoi, e perfettamente congeniata per farsi apprezzare anche dai palati più difficili. Il suo seguito, il singolo Kyntovuohi (non ho idea di cosa significhi, ma gli voglio già bene) è, di nuovo, un’orgia caotica e coloratissima quanto epica nel chorus e complessa nel suo inquietante trascinarsi in bpm sempre più elevati e muri di chitarroni così tamarri che mi viene voglia di ritirare fuori i dreadlock colorati. I synth, di per sé, risultano nulla di particolarmente raffinato, o ben curato, ma indubbiamente efficace.

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Quella che sembra una mezza lullaby in salsa cybergoth è in realtà Sylkekaa Syhen, che, effettivamente, si muove su bpm più bassi e ricerca più l’effetto cinematografico, soprattutto per ciò che concerne il finale – ed una produzione decisamente migliore rispetto a quanto espresso nei precedenti album dei finlandesi. C’è poi spazio per voci campionate e vocoder in Viha ja rukkus, una pseudoballad che, però, mi ricorda di certi The Hu, nell’impostazione marziale – oddio, sempre di popolazioni provenienti dall’Asia centrale si tratta, in origine – del brano. Saltando a piedi pari Turvesana (sembra un po’ il nome di un colluttorio), memore dei peggiori momenti dei Rammstein di Ich Liebe Dich, e muovendosi sugli stessi accordi identici dei brani precedenti, si approda a Kuoleman Juuret che, purtroppo, dopo tanto ben fatto nella prima parte dell’album, genera di nuovo il pasticciaccio brutto che aveva impedito che il sound – oggettivamente originale – dei Turmion Katilot venisse notato da realtà un po’ più quotate delle label indipendenti finlandesi. Come una pizza all’ananas, viene mescolato con una certa tensione alla dissonanza, del rock classico a qualche sprazzo elettronico qua e là, condito da un po’ di scream.  Non c’è limite al peggio e un po’ di nightcore à la S3rl si commistiona – male – con l’heavy metal in Syvissa Vesissa.

Una boccata d’ossigeno è relata dall’altro singolo da Global Warning, Sano kun riittaa, eccellente brano che si tuffa nel death metal a piene mani, con la giusta dose di tecnicismi e cattiveria, ed una cura decisamente maggiore al soundscape, fra cori campionati e archi distorti; la stessa cura presente nella bella Jumalauta, mentre Revi Minut Auki conserva un po’ del candore di una sigla dei cartoni e di un album delle Babymetal. Syntisten Iaulu, se non per un’intro leggermente differente dalle altre – di nuovo, bpm meno elevati – ed un maggior gioco di velocità/accelerazione. Ci ritroviamo direttamente in un dancefloor oscuro con Ikava, brano che, almeno un po’, recupera il sangue-dalle-rape presente nelle prime due tracce, mentre la chiusura – oddio, parte con una bachata malinconica, mi manca un battito per un istante – è affidata a “Mosquito a la carte (To be continued 5)”, in cui fa anche la sua comparsa il finora non pervenuto (ben facile scambiarlo per una drum machine) batterista DQ. Il brano è, effettivamente, basato su una bachata, anche ben introdotta dal riff di Bobby Undertaker e dotata di qualche scala intelligente da parte del tastierista RunQ.

Global Warning è sicuramente un passo avanti rispetto ai precedenti lavori dei Turmion Katilot, che, danzerecci e casinari, party hard tonight, ci regalano indubbiamente momenti divertenti, quanto altalenanti.

Soprattutto per ciò che concerne la produzione. Troviamo brani eccelsi, quali i singoli e la opening Naitu, e brani assolutamente passabili e che assomigliano più a delle demo fatte male con Guitar Pro con i synth pezzotti scaricati da Emule.

Per finire, vi allego una traduzione letterale della pagina Wikipedia finlandese dei Turmion Katilot, per strapparvi un sorriso in questo funesto giorno.

Le ostetriche di Turmion hanno avuto l’abitudine di indossare vari abiti da rivetto e lattice o talvolta persino semplice nastro genitale durante l’esecuzione. Lo spettacolo presenta anche sfumature sadomasochistiche come montare, mettere una sigaretta sulla lingua e mani avvincenti. Occasionalmente, le ostetriche di Turmio prendono anche spettatori dal pubblico per essere montati sul palco. Il gruppo circense sperimentale Circus Mundus Absurdus è stato talvolta coinvolto nello spettacolo teatrale della band. Negli anni successivi, gli elementi dello spettacolo sul palco della band sono diminuiti.

Giulia Della Pelle
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