E tu l’hai letto “Il romanzo dell’anno”? – Recensione

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Da sempre ci ripetono di non giudicare un libro dalla copertina, eppure, spesso ci avviciniamo alle cose che ci piacciono da fuori, abbiamo prime impressioni che poi si rivelano giuste, allora immaginatevi in una bella libreria indipendente dinanzi a un libro dalla copertina azzurrina, un po’ verdazzurro forse, un po’ celeste.

Dall’illustrazione in copertina (dell’illustratrice Elisa Puglielli) mi vengono in mente un po’di canzoni tristi. Dalla copertina mi viene in mente Nel mare annegare di Bartolini, mi viene in mente il Cremonini che naviga nel buio «e tanto è facile abbandonarsi alle onde che si infrangono su di noi». Il colore sa di Il cielo nella stanza di Salmo, anche se poi forse non ci sarà una stanza dalle pareti blu nel libro. Però è una copertina un po’ pop, un po’ indie, un po’ triste, ma forse anche un po’ felice. La ragazza dalle scarpe rosse cerca di salire a galla, sale a galla, con una mano che fuoriesce con tanto di tazza, si spera, stracolma di caffè. Sono soltanto prime impressioni, prime sensazioni, abbastanza da spingere qualcuno come me a comprare il libro. Poi, il titolo, Il romanzo dell’anno, può sembrare un po’ provocatorio o forse un po’ presuntuoso o magari è soltanto sarcasmo. Il romanzo dell’anno è l’ultimo romanzo di Giorgio Biferali (che ha già pubblicato L’amore a vent’anni per Tunuè), edito da La Nave di Teseo. Dalla quarta di copertina le prime impressioni si rivelano giuste, è la notte di capodanno a Roma, Niccolò e Livia litigano, ma litigano per l’ultima volta, non solo perché si lasciano, ma perché lei scappa via in motorino e fa un incidente ed entra in coma. Non è uno spoiler azzardato, è l’inizio del romanzo e anche l’inizio dell’anno nuovo. La spiegazione del titolo si capisce ben presto dalla trama, perché è ambientato nel duemilasedici e racconta tutti gli avvenimenti di cronaca di quel preciso anno che, naturalmente, fanno da contorno alla trama principale.

Niccolò non è uno scrittore, lui lavora per la tv, non sa scrivere un romanzo, inizia a scrivere a giugno, perché deve provare un po’ a superare il trauma di Livia, parla di lettere d’amore, del non avere mai tempo per scriverne una, chi l’ha mai scritta? Ripercorre i momenti vissuti con Livia, e l’autore riesce a farlo con leggerezza, segue bene le lezioni calviniane di leggerezza e rapidità. È una storia fatta di elenchi, di musica, dai Beatles a Battiato, I Cani, gli alt-J, ecco, le prime impressioni di una copertina un po’ pop, un po’ indie forse erano giuste. Niccolò racconta a Livia cosa è successo nel mondo dopo quella notte, della morte di David Bowie, di Ettore Scola o di Umberto Eco, una ragazza investita da un treno mentre ascoltava la musica, cose che forse succedevano anche prima di quella notte, senza però sentirne il bisogno di scriverle per raccontarle a qualcuno. Biferali è uno scrittore dei Millennial, fa parte di questa generazione e ne scrive con naturalezza, ci sono Netflix e le serie tv da vedere, c’è Black Mirror, l’attesa fuori dai camerini di H&M, c’è l’ossessione del protagonista per gli elenchi, gli elenchi dei film che ha visto senza di lei, elenchi delle cose che gli piacciono nei film, le feste di compleanno al McDonald’s e il fatto che a Niccolò sembra strano vedere che esistano ancora, perché quelle erano le feste della sua generazione. C’è la lista di cose che avrebbe comprato da Tiger e quindi questa moda di smisurato amore per le cose inutili ma belle. Le chiacchiere sull’oroscopo di Brezsny, l’abbonamento estivo a Spotify Premium, le conversazioni dimenticate su Whatsapp, le persone che si conoscono su Tinder e che sperano in qualcosa di serio, per questo è uno scrittore dei Millennial, uno che vive a Roma da sempre e lo fa sentire anche in questo romanzo. Un romanzo impregnato di malinconia e nostalgia, ma che ha tanta tenerezza. Una storia di perdite, di solitudine, di amore. «Il pensiero che tu possa svegliarti, che il mondo non finisse mai e noi dovessimo ancora vederlo tutto, insieme, che girassi per la città e mi fermassi a guardare tutte le cose che ti sarebbero piaciute, che non avresti mai dimenticato, ecco, tutto questo mi ha fatto sentire un po’ meno solo, mi ha fatto capire il senso del viaggio, della distanza, di quello che dicevi tu sui luoghi, che in fondo tutto quello che vediamo è già dentro di noi». C’è un po’ tutto, ci sono tutti i sensi e tanti sentimenti contrastanti, due persone che parlano di convivenza e anche due persone che vivono l’imbarazzo da secondo appuntamento quando si è ancora due sconosciuti e non si sa come rivolgersi all’altro. E c’è anche un gran finale, ma almeno in questo, nessuno spoiler.

Giusy Esposito
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