Valanghe, ce lo racconta Xavier Pompelmo

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In occasione dell’uscita del suo disco d’esordio Valanghe, abbiamo incontrato Xavier Pompelmo (Davide Bastolla), per chiedergli di raccontarci qualcosa in più sulle sue valanghe.

Lo conosciamo già come regista e visual artist, ha curato anche l’animazione di “Tengo il respiro di Rancore e dj Myke e la regia e l’animazione di Ipocondria di Giancane feat Rancore, il 1° video musicale realizzato con i disegni del fumettista Zerocalcare.

Ti conosciamo per i tuoi lavori di visual artist, invece adesso hai realizzato il tuo primo progetto discografico, Valanghe. Sei passato dal lavoro dietro le quinte al lavoro dove tu sei protagonista, com’è stato questo passaggio?

Io ho sempre parallelamente gestito la musica e la parte visiva, quindi da una parte continuavo a produrre le mie cose e dall’altra come lavoro mi occupavo di visual. Mi sono ritrovato semplicemente ad avere un accumulo di materiali, canzoni su canzoni e ci dovevo fare qualcosa, mi piace questo mondo e mi appartiene da quando ho quindici anni, ho sempre unito l’arte visiva al videoclip musicale. Ho iniziato a produrre le prime cose e ho prodotto parallelamente al mio disco anche il disco di Bucha, un rapper il cui disco è uscito da poco.

Il tuo infatti è un disco completamente artigianale, auto-prodotto . Non ne sei soltanto autore e produttore di testi e musiche, ma anche ideatore e creatore di tutta la parte grafica e dei videoclip. Per essere un disco d’esordio sembra quasi un’impresa impossibile, come ci sei riuscito?

La cosa bella di riuscire a fare tutto da solo è che non devi stare ai tempi di nessuno. Semplicemente quando hai voglia di realizzare una cosa e ce l’hai, conoscendo tanti linguaggi, puoi permetterti da solo di finalizzare un prodotto. È un’arma a doppio taglio, perché è bellissimo poterti lanciare e fare come meglio credi, però dall’altra rimani nella tua bolla e se avessi un produttore sarebbe più semplice. A me però piace fare in modo che sia tutto un unico prodotto, brandizzarlo il più possibile.

Valanghe

Partiamo dal titolo, Valanghe: il cuscino vuoto di fianco, la fretta che arrivi sera, il sorriso di lei, i tuoi che stanno bene nonostante tutto. Sono tutte valanghe emotive. Come è stato riaffrontarle o comunque riviverle in qualche modo per la creazione di questi testi?

Per assurdo la sua genesi è molto precedente alla produzione vera e propria, alcuni brani li ho scritti in maniera estemporanea, anche mentre vivevo le situazioni e sono una sorta di diario di quello che mi è successo negli ultimi tre anni. Non ho rivissuto quei momenti, ma ho cercato di comunicare meglio delle bozze emotive che già avevo, le ho perfezionate e prodotte. Il disco emotivamente è stato molto impegnativo perché mi sono esposto, ho parlato di cose molto intime, però mi salvo perché non sono molto esplicito. Trovo gusto nello scrivere quando emotivamente mi sta toccando qualche nervo scoperto o comunque tocca qualcosa.

Valanghe è un disco composto da 8 tracce, si apre con Canti di balene, dove ti immagini lontano, lontano dall’Olimpo di quelli che giudicano dall’alto, perché senti troppi rumori, troppi dolori. E la soluzione pare sia fingere che ci importi qualcosa. Mi sembra un po’ lo specchio della nostra società che si divide tra quelli che giudicano e quelli che vengono giudicati, però raccontaci tu il vero significato, pensi sia possibile raggiungere la vetta, come canti nel brano, senza poi morire subito?

Quel pezzo l’ho scritto pensando pure che non si arriva spesso a una conclusione nelle cose, la risposta spesso non c’è, fa parte della domanda. In questo caso erano sensazioni, ci sta ovviamente il sociale, l’ambizione, cose che riguardano l’individuo legato al mondo e spesso si finge, ci sono delle dinamiche che portano anche ad allontanarti da quello che vorresti realmente dire. È una cosa che si vive sempre un po’male, perché non è facile non cadere in queste cose, un cane che si morde la coda.

Nebulosa è il singolo uscito in anteprima, sembra un po’ la valanga del cuscino vuoto, risuonano le parole “La fatica di invecchiare la prometto solo a te”. Ci sono valanghe che ti lasciano sommerso e basta?

Sì. La questione “dell’amore” è sempre complessa, amare qualcuno è complesso perché da una parte c’è quello che provi, dall’altra quello che vuoi, quello che scegli, c’è un misto tra cuore/mente che spesso è anche più forte di quanto uno possa pensare. Ciò va a riempire dei vuoti della propria persona con delle scelte, scelte che a volte sono fondamentalmente emotive, ma altre sono anche un bisogno. Quella visione dell’amore rassicurante che ci raccontano un po’tutti. “La fatica di invecchiare la prometto solo a te”, io in quel periodo volevo essere quella tipologia lì, anche se in realtà non lo sono, però volevo farmi cullare da questa idea.

Qual è invece la canzone che senti di più e quella che invece ti emoziona di più da eseguire live?

Nebulosa è un pezzo che sentito molto, più in linea a livello emotivo, di cuore, più semplice e vero, è il pezzo che sento di più, è una sospensione che mi riguarda, un’atmosfera mia. Un pezzo invece che a me fa volare a livello di produzione, sensazione, è assolutamente Neon Blu, mi piace proprio l’atmosfera che ha, il mondo dove mi porta, se chiudo gli occhi e penso a Neon Blu, mi sento da un’altra parte, un’altra parte che però non conosco, è pure questo ignoto che mi affascina. C’ha un mondo che è scuro ma sospeso, non inquietante, un leggero noir che a me piace molto. Mentre Uccelli Gialli è più chiaro come pezzo, tra i più chiari dell’album.

– Ti sei collegato da solo alla domanda successiva, proprio sulla chiarezza/confusione. È particolare l’accostamento che fai tra testo scritto e testo musicale, che varia continuamente, a primo impatto può sembrare un po’ confuso. Più sono forti, tristi o dolorose le tue parole, più c’è carica nella parte musicale. È un mix strano. Sembra una valanga musicale, è stato calcolato o è tutto naturale?

Devo ammettere che alcune cose le avevo pensate prima, cioè volevo far capire che ci sono dei livelli di substrato di lettura della musica, ognuno può ascoltare un pezzo, cantarlo, a prescindere dalle parole che uno sta raccontando e dal valore che abbia per l’artista, quindi anche se il pezzo parla di cose emotivamente impegnative, il vestito che uno può dare può alleggerirlo. È stato un mio esperimento produttivo che riguarda Valanghe, pensavo fosse giusto perché ho voluto tenere conto di una poetica narrativa e metterla all’interno di un’altra cosa. Mischiare molto, mischiare tutto.

Poi c’è Chimera, una canzone dedicata a chi non trova mai il proprio nome nei titoli di testa. Tu sei al tuo disco d’esordio oggi, ma dove speri di arrivare domani?

È una bella domanda, perché poi tutto cambia sempre col tempo. Io negli anni sto cercando di concentrare il focus di quello che ho da dire attraverso un linguaggio che lo esprima bene, è sempre faticoso trovare il modo più giusto, più in linea. Il linguaggio del visuale ha sicuramente un impatto diverso, è più chiaro, però diventa difficile trovare il mio modo di vedere, perché per ora ho lavorato per altri. Quando lavoro per gli altri riesco a vestire come meglio credo la roba degli altri, per la mia è diverso, oltre a vestire devo capire come raccontare e cosa raccontare. La regia, l’estetica, sono molto affezionato a questi due concetti. Per ora volevo esprimermi tramite un disco.

Ci sono molti temi ricorrenti in questo album, come è giusto che sia. Pensavo che il titolo Valanghe fosse puramente metaforico, invece la natura è in qualche modo sempre presente nei tuoi testi, in tutte le sue forme. Vorrei capire se è un caso o effettivamente hai un rapporto particolare con la natura.

Io sono sempre stato affascinato da questo, sono una persona fisicamente un po’ statica, viaggio più di testa, e con la testa mi astraggo molto. La natura come concetto, come atmosfera, è la cosa che mi distacca di più dal pensiero effettivo e dalle cose che mi circondano, mi apre a degli orizzonti di sensazione pura. Quindi è ricorrente anche come via di fuga da alcune claustrofobiche idee. Pensi a un cielo stellato di notte e già quello che pensi cambia forma. È un modo di evasione che non sempre ti alleggerisce, ma ti porta comunque da un’altra parte, è il leitmotiv legato alla concezione della natura, anche per spezzare un testo. In alcuni momenti avevo bisogno di uscire fuori, di inserire un altrove.

Con le parole è più semplice esprimere questi stati d’animo, con la musica come ti sei trovato?

Le canzoni sono nate in maniera diversa come procedimento, di alcune prima il testo, di altre prima la musica e poi il testo. Tendo a tenerle molto divise, volevo fare qualcosa che musicalmente andasse da una parte e come testo da un’altra, volevo mischiare. Ho cercato di usare la musica anche solo come tappeto per dire qualcosa, però il testo viveva anche di natura propria e poi li ho messi insieme.

Il titolo alla fine è più che adatto, non casuale.

Il titolo è venuto perché c’era una frase di Macigno con le gambe che diceva “sospiro valanghe”, nasceva come Sospiro valanghe, volevo usarla come titolo però mi sembrava troppo, quindi è venuto fuori Valanghe.

Il disco, Valanghe, sarà disponibile dall’8 novembre. Ringraziamo Davide e Big Time e auguriamo un buon ascolto a tutti.

Giusy Esposito
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