The Aereonauts non spicca il volo: recensione

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The Aereonauts è un film di Tom Harper del 2019 degli Amazon Studios, in esclusiva per Amazon Prime: ha avuto una limitata release cinematografica, passando per l’Italia dal Festival del Cinema di Roma.

Ecco, diciamo che The Aereonauts non è un film per i deboli di cuore. Un po’ perché io soffro di vertigini e sono anche abbastanza freddolosa, la visione del film Amazon non mi ha lasciato indifferente.

1862, Londra. La pilota di mongolfiere e performer Amelia Rennes (neè Wright) si appresta ad un’ascensione assieme al wannabe meterologo (perché la meterologia, insomma, l’ha inventata lui) James Glashier, interpretati rispettivamente da Felicity Jones – la star dell’unico film riuscito della nuova era del franchise di Star Wars, Rogue One – e il premio Oscar Eddie Redmayne. Laddove Glashier è un personaggio storico, astronomo e primo meteorologo, Amelia è un collage di varie donne aereonauti che si sono succedute durante l’800: prima su tutte, Sophie Blanchard, che divenne famosa dopo la morte del marito durante un’ascensione – come Amelia – e che era solita accompagnare i suoi spettacoli col lancio del suo cagnolino dalla mongolfiera con tanto di paracadute e svariati fuochi d’artificio. Glashier è un fisico/matematico/astronomo della Royal Society, l’accademia reale di scienza britannica, tuttora elitaria e tuttora sguarnita di donne.

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Amelia ha una sorella, la più che detestabile ed impostata – oltre che copertissima – Antonia (Phoebe Fox), che le ricorda, in vari flashback, come debba lavarsi, vestirsi, riprendersi, dopo la tragica morte del marito, e che lei, donna così affascinante ed intelligente, non può perdere tempo a svolazzare coi palloni ma dovrebbe, finalmente, inserirsi in società. Glashier, invece, ha una famiglia molto più classica: un padre con demenza senile che voleva essere astronomo ed una madre cuffietta-dotata che si lancia contro le aspirazioni rivoluzionariamente scientifiche del figlio e contro la sua improbabile ascesa affidata ad una donna (che, a detta della madre, dovrebbe starsene a casa).

Comunque, lo scopo della missione dei The Aereonauts è chiaro: fra barometri, termometri, igrometri, piccioni viaggiatori, e un gigantesco pallone di seta, l’ascesa deve superare i 23.000 piedi (circa 7 km) per superare il limite allora stabilito dai francesi e per provare le teorie di Glashier sulla stratificazione dell’atmosfera. Ovviamente, complice mancanza d’ossigeno ed un po’ di inadeguatezza di base di Glashier, il viaggio non andrà come previsto.

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Ora, i punti di forza di The Aerenauts sono sostanzialmente due:

La splendida fotografia nonché l’ottima fotografia di George Steele, che ben si coniuga alla spesso ingenua regia di Tom Harper (che ha già diretto alcuni episodi della pluriacclamata Peaky Blinders) e la bravura dei due protagonisti nel fare qualcosa con dei personaggi abbastanza poveri di contenuti. Infatti, coloro che ronzano loro attorno – la sorella di Amelia, i genitori di Glashier ed il suo collega John Trew (Himesh Patel) – sono fondamentalmente inutili allo sviluppo della storia. Amelia e John, dal loro canto, vengono di per sé disegnati come clichè viventi: lei, donna della Belle Epoque stufa di sentirsi costretta entro corpetti e gonnelle di ossa di balena, intelligente e curiosa di esplorare un mondo solamente maschile; lui, un nerd antelitteram che possiede idee rivoluzionarie ma per le quali viene continuamente screditato – come accadde ai più illustri Galilei e Newton. I due attori, però, mescolano un minimo di caratterizzazione di fondo nel calderone, fornendo gestualità ed espressioni personali ad una scrittura sostanzialmente – passatemi il termine – disneyana, che ricorda molto lavori come Atlantis o Il Pianeta del Tesoro. Di Gaslamp fantasy/steampunk del resto parliamo: tutti i dettagli, anche delle strumentazioni tecniche, vengono disegnati con un’eleganza e raffinatezza di base, fra riccioletti di ottone ed eleganti maniglie, che è tipica dell’epoca – il che ci riporta ad un illustre esempio nel mondo letterario, il premiatissimo Castello delle Stelle, fumetto di Alex Alice. Che contiene personaggi più o meno uguali a Glashier ed Amelia – che salva la situazione da un tragico epilogo usando il tacco del suo stivaletto.

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Dunque, Redmayne e Jones due indubbi fuoriclasse: ma cosa dire della costruzione scenica di The Aereonauts?

Le visioni fra le nuvole del pallone bianco e rosso sono semplicemente sublimi, per estetica e realismo: le ascensioni di Amelia su di essa, accompagnate dall’ottima soundtrack di Steven Price (premio Oscar per Gravity) sono da brividi, fra geloni e vertigini; lo stesso si può dire degli effetti del freddo e dell’atmosfera rarefatta sugli organismi dei protagonisti (finalmente un consulente scientifico ha potuto dire la sua, a quanto pare), oltre che sull’attuazione corretta della legge di Bernoulli della fluidodinamica – altra verità scientifica quasi sempre tralasciata nel cinema. Cumuli, nembi, nubi rarefatte: la fisica dell’atmosfera è pienamente rispettata e anche citata in modo corretto negli accenni che Glashier fa.

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The Aeronauts, però, non brilla. Contrariamente alla mongolfiera di Amelia, il film non spicca il volo, né per cadenza né per impatto: troppo frequenti inutili flashback, troppo diradati e mal costruiti i momenti adrenalici, per una struttura spesso anticlimatica anche delle scene fondanti.

Comunque The Aereonauts vi intratterrà, per la sua breve ora e venti di durata, e educherà i vostri figli e le vostre figlie (soprattutto) ad inseguire sempre e comunque la verità e la conoscenza, e a non rimanere creature urlanti ancorate a terra.

Ovidio recitava, nelle sue Metamorfosi – citate recentemente anche nel contemporaneo Ritratto della Giovane in Fiamme:

Terras licet et undas obstruat, at caelum certe patet. Ibimus illac”
(“Chiuda pure la terra e il mare, ma il cielo resta sicuramente aperto; andremo da quella parte”)

Giulia Della Pelle
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